Corinna – un ponte verso l’eternità

Questa che vi racconto è una storia che ho visto e dai colori sgargianti. E’ la storia di due ragazze, due sorelle e parla di guarigione e libertà. Come spesso accade le due sorelle sono nate nella stessa famiglia, ma sono molto diverse tra loro. Corinna con una vita lineare ed una persona inquadrata, un percorso di studi ben pianificato. Una ragazza razionale fidanzata da sempre con quello che diventerà suo marito. Poi, Sabrina più emotiva, vive alla giornata ed in maniera istintiva. Quando qualche volta passando di là, le vedevo discutere, senza litigare, parlando del Mondo. Parlavano di come i loro occhi guardavano le stesse cose, ma vedessero cose diverse. Corinna, la più grande delle due, non capiva come si potesse vivere senza un minimo di regole e organizzazione, senza stabilità, senza avere tutto sotto controllo ed era preoccupata. Sabrina si dispiaceva per Corinna, così inquadrata non si sarebbe forse persa il bello della Vita?
Io da lontano le immaginavo come parallele asimmetriche dove il destino, come un abile ginnasta, faceva i suoi bellissimi esercizi, in cui però la piroetta più difficile doveva ancora arrivare.
Quando Sabrina si ammalò di una rara malattia, io c’ero e le ho osservate da lontano, ed ho tifato per loro. Corinna decise che ci sarebbe stata e prese un congedo dal lavoro. Questa battaglia l’avrebbero affrontata insieme. Alle terapie andavano tenendosi per mano, e si davano forza a vicenda. Passarono ogni giorno insieme. Ed una cosa posso affermare con certezza, Sabrina era una delle più forti guerriere che abbia mai visto. Come affrontò la sua battaglia, vi giuro, non l’ho mai visto da nessuna parte, con una tenacia e con una dignità che solo un’anima pura può avere.
Il dolore unisce. Già dopo la morte della loro mamma Corinna e Sabrina erano molto vicine, diverse ma sempre più unite, nella condivisione di un difficile percorso della malattia, avvicinarsi ancora di più non era possibile e fu forse per questo che irreparabilmente si mischiarono l’un l’altra, unendosi per sempre.
Il giorno in cui Sabrina volò in cielo lo posso ricordare, in quel breve istante mi è sembrato di volare insieme a lei per un momento. Il dolore che provò Corinna non si può descrivere. Lo so, lo so, adesso state pensando che sono una farabutta. In fondo vi avevo promesso una storia di guarigione. Ma voi non eravate lì, non potete capire. Avete ragione, questa storia non parla di guarigione, parla di Eternità. Oggi Sabrina più che mai, vive dentro Corinna, le loro anime si sono fuse in un tutt’uno e quando sentirete parlare Corinna vi renderete conto che ci sono, tra le sue, anche le parole di Sabrina. Anche se Corinna è tornata al suo lavoro si è portata il più grande dono che Sabrina potesse lasciarle: la libertà. La libertà di poter vivere alla giornata, di essere sentimentalmente libera… la libertà di essere in ogni istante se stessi, di assaporare la vita di ogni suo attimo. Ora vi starete chiedendo chi sia io, che parte ho avuto in questa storia. Mi piace pensare di essere stata importante, anche se forse non è così. Sono una farfalla, una banalissima farfalla come ne vedete tante e che con le sue antenne ha sentito profumo di amore. Svolazzando in maniera discreta ha avuto l’onore di essere testimone di questa bella storia. Ma oggi sono molto di più, sono un simbolo e mi piace pensare quel tatuaggio che Corinna si è fatta in fondo mi ritragga. Per lei sono un ponte verso l’eternità, di un unione immortale tra la terra e il cielo, tra il finito e l’infinito e questo mi onora e mi rende orgogliosa. E sapete? Capita a volte ancora oggi, parlando con Corinna di potermi vedere svolazzare, danzando intorno a lei e ai più attenti alle piccole grandi cose della vita può succedere di vedere con i propri occhi l’impercettibile ma reale magia di un ponte tra il cielo e la terra.

 

Corinna – un ponte verso l’eternità

Luana – Pantera Nera

“Non voglio più che i miei occhi densi di bistro siano la maschera con cui allontano la vita come se
questa fosse un triste teatrino delle marionette e io una grottesca replicante”.
È questo che pensavo mentre il tatuatore disegnava sulla mia schiena una pantera nera: quell’animale era quello che mi
sarebbe piaciuto essere.
Io, adolescente così timida, sentivo sempre di arrancare con la mia andatura
sbilenca al passo delle mie coetanee così fiere e disinvolte.
Mi sarebbe piaciuto essere quella pantera
che sentivo muoversi dentro di me ma che non riusciva a guadagnarsi una presenza volumetrica nello
spazio e nel tempo.
E, così, quella ragazzina timida la camuffavo sotto il trucco, la oscuravo quasi a volerle negare la sua unicità.
Non le riconoscevo il rossore del viso, il tumulto del suo mondo interiore che moriva sulle labbra, i suoi lunghi silenzi imbronciati.
Le negavo la bellezza della sua diversità. Un giorno quella giovane donna mi ha chiesto di essere vista e, mentre lavavo via lo strato di nero che
copriva i suoi occhi, l’ho guardata e le ho chiesto scusa per averla allontanata da me.
Intanto il mio tatuaggio sfumava, lentamente, verso il grigio e pensai che, se esiste un’anima con i suoi mutamenti, allora questa è impressa sulla mia carne.
Oggi mi guardo e penso che mi piace quel disegno dai colori in dissolvenza: mi ricorda che quella ragazzina frastornata è ancora dentro di me.
Lei mi sorride per la donna che sono diventata e io le sussurro, con tenerezza, che le voglio bene.
Ci prendiamo per mano e camminiamo, a fianco, verso tutto quello che faremo insieme.

Testo: Stefania Villani 
Foto: Anna Pianura & Gerardo Albano

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Luana – Pantera Nera