2017, un anno indimenticabile!

Il 2017 sarà un anno che noi di storie sottopelle non potremo mai dimenticare.
Il nostro primo anno, i primi  incontri, le prime emozionanti interviste, i racconti che ci hanno lasciato brividi, sorrisi, tenerezza, emozioni,.
Abbiamo mosso i primi passi nel mondo del tatuaggio fino a ritenerlo un elemento essenziale nelle nostre giornate.
Abbiamo conosciuto, fotografato, intervistato più di duecento persone, molte di queste ci hanno raccontato la storia dietro al proprio tatuaggio che ci ha colpito e che abbiamo voluto inserire tra le storie sottopelle del nostro sito.
Professori Giornalisti e Professionisti vari hanno scritto di noi e con alcuni di loro abbiamo preso interessanti accordi per uno speciale 2018.
Ci hanno contattato e ci contattano persone da tutta Italia (e anche fuori, abbiamo raggiunto Parigi, Londra, la Russia..!)
Abbiamo sfatato tanti miti sul tatuaggio e puntiamo ad abbattere il pregiudizio a tutti i costi, il giudizio sull’apparire senza elementi sull’essere.

Insomma in questo 2017 che ci accingiamo a salutare ci siamo davvero emozionati insieme a tutti voi e siamo sicuri che questa emozione resterà viva e possente per tutte le altre storie che racconteremo!

AUGURI a tutti voi di un felice, luminoso, coloratissimo 2018!

 

Vittorio: Cerchio chiuso

“Mi chiamo Vittorio e sono un artista della pizza: sono un pizzaiolo.
L’Unesco ha dichiarato l’arte della pizza patrimonio dell’Umanità.
Lavorare sapientemente acqua, farina, pomodoro, mozzarella e basilico è un’arte a tutti gli effetti.
Amo il mio lavoro. I love you pizza.
Rispetto quello che sono e quello che faccio.
Rispetto i prodotti e la mia vita.
Per tanto tempo, sono stato immerso nel caos.
Avevo la vita in disordine come una scatola di giocattoli per bambini riversa sul tappeto. Tanti i pezzi sparsi.
Come ordinarli?
Ho molte  incisioni sottopelle.
Dio mi condanna per questo? Sono un buon cristiano?
Come rispondere a tutte queste domande?
La Bibbia parla dei tatuaggi in Levitico 19:28, e dice: “Non vi farete incisioni nella carne, né vi farete tatuaggi addosso, io sono il Signore.”
Io ne ho tanti.
Ho violato il tempio che il Signore mi ha donato.
Però poi ho messo tutto al suo posto. Ho chiuso il cerchio.
Ho riposizionato tutti i giochi nella scatola. Ecco qui tutto riassunto.
La mia famiglia. La mia donna. L’amore per il mio lavoro: la pizza.
La luce e il calore delle lanterne.
La mia vita.”

 

Vittorio: Cerchio chiuso

Claudio: Bevilo che fa bene!

Ho una passione per i gesti. Raccontano più delle parole. Dai gesti infinitamente piccoli, quotidiani, quelli semplici che in apparenza non fanno rumore, a quelli importanti, eclatanti che tuonano nella vita di tutti come un boato nella notte. A ventidue anni ho mollato tutto ed ho inseguito la mia passione.
Con un contratto a tempo indeterminato tra le mani, ho preferito l’irrequietudine della partita IVA. Ho accolto la sfida di un’attività svincolata da tutto e da tutti.
Perché il mio sole sono le emozioni. Le emozioni degli incontri e delle persone. La quotidianità sempre diversa, svincolata dalla routine, dai gesti ripetuti.
Ogni giorno è un’avventura che merita essere succhiata fino al midollo per sentirne il sapore vero. Ho potuto rincorrere i miei sogni e le mie aspirazioni grazie al materasso solido costruito dalla mia famiglia. L’amore ultratrentennale dei miei genitori, unito a quello della mia nonna, mi ha consentito di focalizzare un obiettivo e raggiungerlo con tutte le mie forze.
Sono Claudio. Ho trent’anni e mi sento una persona fortunata. Le mie famiglie mi hanno fortificato. Oltre quella “di sangue”, la mia corazza si è inspessita grazie ai miei true friends.
Gli amici veri. Quelli che non mi hanno mai lasciato, e non mi lasceranno mai. Quelli che hanno un posto speciale. Quelli che sono qui tatuati sul mio cuore.   Ho anche una moka sottopelle. La moka è un ventaglio di gesti tramandati da anni,  azioni ripetute inconsapevolmente in ogni famiglia. Ogni nucleo familiare ha il suo modo inconfondibile di fare il caffè. Per questo il caffè casalingo degli “altri” non è mai come il proprio. Ho tentato di creare l’aria familiare nella mia attività professionale. Il mio bar che è quasi un “ometto”. Ha otto anni di vita. Adoro questo lavoro.  Non servo solo caffè, cappuccini e cocktails. Mi sento un confidente. Raccontare e raccontarmi, mi piace. Sono un cantastorie. Un cantastorie stonato, innamorato della propria vita e di quelle delle persone che lo circondano. Come una spugna, ogni cliente, ogni persona mi lascia un pezzetto di sé.
Io lo assorbo e lo faccio mio.  Servo quello che mi chiedono al bancone sussurrando “bevilo , che fa bene!”, proprio come faceva la mia nonna, la quale scegliendo l’uovo nel pollaio della nostra casa in campagna, lo bucava e con tutto l’amore di questo mondo mi regalava la sua posizione magica: “Bevilo, che fa bene!”.

 

 

Claudio:  Bevilo che fa bene!