Stefania – Marmo

“Se mi confronto con la maestosità dell’arte sono solo una manciata di fango e bile.
Come è possibile tirare fuori da un blocco di marmo un’opera eterna come quella del David di Michelangelo?
Come si può scolpire il dramma del Cristo morto come ha fatto Nicolò Dell’Arca?
Un blocco di pietra che parla ed emoziona, riesce a farmi sentire la furia e l’angoscia del dolore.
Il primo approccio con l’arte è avvenuto per le strade della mia città.
Rulli immersi in colorati secchi di vernice e pennelli: facevo graffiti più o meno legali senza spray.
Un’arte delicata spacciata a caso nei cantieri abbandonati e nelle strade grigie, alla ricerca di vitalità.
Nel corso degli anni poi mi sono innamorata alla scultura.
Invano lo scultore si sforza di porsi da un punto di vista unico, girando attorno alla figura, la osserva,
la scruta, la scolpisce prima con gli occhi e poi con lo scalpello, lo spettatore invece può scegliere cento punti di vista differenti,
meno quello buono, e accade spesso, cosa umiliante per l’artista, che un movimento di luce,
un riflesso di una lampada rivelino una bellezza diversa da quella a cui egli aveva pensato.
Oggi mi osservo da diverse angolazioni, con luci e chiaroscuri sempre nuovi,
consapevole di poter essere un’artigiana dell’arte”.

 

Stefania – Marmo

Rosa – Mal d’Africa

“Arriva all’improvviso.
Mentre sono impegnata a fare tutt’altro, mentre scolo la pasta,
mentre stendo il bucato, alla fermata del bus o mentre imbusto la spesa al supermercato.
Accade che la mente se ne va, vola via, come un gabbiano in una limpida giornata di primavera e si posa lì su quel viaggio che mi ha portato in Africa.
Sono investita all’improvviso da quei colori,
odori e sensazioni che si posizionano senza chiedere il permesso davanti agli occhi.
Vivo il mal d’Africa, una struggente saudade che mi porta con il cuore tra quei bambini che vivono in una terra martoriata dal Dio denaro.
Quegli occhioni nero pece che rivedo vagando tra i vicoli della mia città,
mi ricordano che ci sono momenti che possono cambiarti la vita, o quantomeno la sua percezione: un viaggio in Africa.
Seguendo gli insegnamenti di donne che hanno cambiato la storia affronto i giorni con totale interesse verso le persone,
infondendo massima attenzione verso il mondo che mi circonda.
Vivo così: raccolgo le esperienze dense dei miei viaggi, osservo la vita che mi assorbe
per sentirmi una persona migliore, credendo in fin dei conti che un altro mondo è possibile: quello dei bambini.”

Rosa – Mal d’Africa

LA STORIA DEI TATUAGGI DISPARI

Ora che hai due tatuaggi devi fare per forza il terzo!”, “Quattro? Ora tocca farti il quinto?”.
Quante volte abbiamo ascoltato queste parole? Cosa si cela dietro alla regola del dispari nel mondo dei tattoo?
Non si tratta di una consuetudine messa in giro da qualche tatuatore per battere cassa, ma la tradizione dei tatuaggi dispari affonda le proprie radici all’inizio dell’ 800 durante il periodo delle navigazioni e del mondo marinaresco.
Essendo una leggenda, ciò che seguirà non deve essere presa come verità assoluta.
Leggenda vuole che il marinaio che partiva per la prima volta, si tatuasse per buon auspicio nel porto di partenza.
Una seconda volta nel porto di destinazione ed un terzo tatuaggio infine veniva fatto per celebrare il ritorno a casa, dalla propria famiglia.
Con il terzo si chiudeva quindi un percorso, un viaggio.
Avere un numero pari di tatuaggi, significava per il marinaio essere lontano da casa, dai propri affetti.
Oggi non ci sono più le traversate oceaniche su velieri o grandi navi, ma la tradizione leggendaria che si nasconde dietro al numero dispari dei tatto continua a vivere tra gli addetti ai lavori, o meglio continua a navigare. [Pippo Zarrella]

Helena – Unica

 “Stare al mondo è una cosa seria.
Penso spesso alle cose che mi hanno reso più forte e sicura.
Penso alle cose che mi hanno fatto piangere di preoccupazione.
Mi infastidisce non poter controllare le cose e lasciarmi strattonare dagli eventi.
Penso spesso a quando ho dovuto trasmettere sicurezza alle persone che mi stavano accanto nonostante non ne fossi capace.
Io che dell’insicurezza ne ho fatto uno stile di vita, ho dovuto scorciarmi le maniche ed immergere le mani nei terreni melmosi della paura grigia.
Ho scoperchiato il vaso della mia forza d’animo pensando a tutti quei momenti in cui una battuta, un abbraccio o una carezza, mi ha fatto sentire una persona capace: capace di stare accanto alle persone.
Ed è difficile stare accanto alle persone.  Camminare fianco a fianco è una cosa da innamorati.
Né un passo avanti né uno indietro.
Ci vuole equilibrio e tempo.
Lo stesso tempo che mi ha reso una persona consapevole.
Il tempo che mi ha reso una persona migliore.
Ed è proprio il tempo che ho perduto per la mia rosa che ha reso la mia rosa così importante.  Unica.”

Helena – Unica

ILARIA – I will survive


“È un’estate torrida a Cittadella del Capo.  È sabato sera.
Ad una diciasettenne di sabato sera  in vacanza in Calabria,  poco importa del tempo. Solo gli adulti parlano di meteo, del cambio delle temperature, dell’umidità, delle zanzare.
Vado a ballare a Sangineto poco lontano da casa mia. Con le amiche si balla sulle note di I will survive di Gloria Gaynour. Si esce dal locale con le gambe che continuano a ballare da sole.
Addento un cornetto alla crema neanche poi così buono con la voracità di un alligatore. Ritorno a casa. Mia madre mi aspetta lì  sull ’uscio di casa pronta a rifilarmi un paliatone educativo.  Ogni volta che riascolto I will survive, sorrido,  ricordandomi lo sguardo preoccupato di mia madre mentre mi attendeva con ansia sulla porta di casa.   A distanza di anni ho inciso sul mio corpo tatuaggi variopinti dopo aver conosciuto il buio della non voglia di vivere.  Sono stata appesantita da una depressione che non andava via. Ora,  ho colorato la mia vita dopo aver conosciuto il buio. Ogni volta che qualche pensiero pesante riaffiora nella mente, ricordo mia madre che mi dava una scossa preoccupata mentre continuavo a canticchiare le note di Gloria Gaynour. “Pensavi che sarei crollata? Pensavi che mi sarei buttata giù e sarei morta? /oh no, non io! Sopravviverò/ oh finché saprò come si ama so che resterò viva/ ho tutta la mia vita da vivere, ho tutto il mio amore da dare /e sopravviverò, sopravviverò…Hey, He”.

ILARIA – I will survive