Vincenzo – Giungla

“Quando mi trovo dinanzi ad una tela bianca, mi sento nudo. Mi svesto e tento di imprimere con pennelli, colori e matite il mio io più profondo. Per questo motivo mi ha sempre intimorito mostrare i miei quadri al di fuori del mio laboratorio. Ero nudo e la gente poteva osservare ai raggi X quello che ero. In una giungla abitata da enormi gorilla, tirannosauri e orsi rossi ho rinvenuto uno stato primordiale di arte che mi ha scombussolato le priorità della vita. Ho cominciato a cancellare alcune cose con un enorme pennarello nero, ma più le cancellavo più attiravo l’attenzione su di esse.

Il fatto che fossero oscurate, coperte e nascoste mi portava a leggerle con maggiore attenzione e curiosità, portandomele dietro come pesanti zavorre emotive.

Oggi voglio capire in che periodo sono immerso, come verranno catalogati questi anni da un punto di vista artistico? Forse viviamo in una completa sintesi chimica di tutti i precedenti? Ad ogni modo quello che resta è l’opera. Forse neanche più il quadro, la tela o i colori. Forse l’arte siamo noi. Costantemente alla ricerca di qualcosa che forse non troveremo mai.”

 

 

 

Vincenzo – Giungla

Valentina – Il Fiore di Loto

“Io e il mio compagno Claudio, abbiamo desiderato Desire a lungo.
In un momento stagnante della nostra vita avevamo bisogno di uno spiraglio di luce.
Nelle acque buie di una pozza d’acqua senza vita, il fiore di loto fa della melma la sua forza e riesce a mettere lunghe radici salendo fino in superficie per sbocciare in tutta la sua bellezza.
Questa è Desire, il nostro piccolo e stupendo fiore di loto con i suoi petali setosi e delicati, nata dal buio dei giorni vissuti dopo la perdita nella nostra seconda bimba.
Una figlia mai nata, che non ha potuto sentire il calore di un abbraccio della sua mamma o di una carezza del suo papà.
Ed ogni volta che Desire corre al parco con le altre amichette o abbraccia il papà quando stanco e con le mani ruvide torna da lavoro, so che un pezzetto di quella mia figlia mai conosciuta, la custodisce senza saperlo Desire, come un ciondolo invisibile che solo i suoi genitori hanno il potere di vedere”.

 

 

 

 

 

Valentina – Il Fiore di Loto

Giacomo – A Tua Difesa

“Le mie radici sono conficcate in questa terra, tra queste genti di mare con il sangue misto.
Questa è la mia Città: Taranto. Il luogo dove sono nato e quello dove sono cresciuto che ora raggiungo ogni volta che posso.
Il calcio ha reso ancora più forte il legame con la mia terra. Ogni tifoso è un arciere che combatte a difesa della sua città,
proprio come recita l’incisione in greco sulla mia pelle (nonostante l’errore grammaticale causato dal mio professore delle superiori).
Un accento sbagliato, ma il contenuto non cambia.

Ogni cittadino di Taranto deve difendere la sua terra al di là dei novanta minuti domenicali trascorsi allo Stadio Iacovone.
Noi tarantini, da colonia della Magna Grecia e Terra dei Delfini ora siamo diventati colonia americana insieme alla Marina Militare e Terra di Tumori grazie al plesso industriale ILVA.

A difesa della Città. Resto qui. Restiamo qui. Fermi. Ogni giorno. Senza fare mai un passo indietro”.

Giacomo – A Tua Difesa

Giovanni – Suona Ancora

“All’età di otto anni, strimpellavo già qualche nota con la mia chitarra della Bontempi.
Dopo un po’ quel giocattolo non mi bastava più.
Volevo uno strumento musicale vero.
I miei genitori mi comprarono una chitarra in legno. §
A volte,da piccolo, la posizionavo in verticale e la utilizzavo per controllare la mia altezza.
All’inizio, la chitarra, era più alta di me.
Mi chiedevo come era possibile che un pezzo di legno e qualche corda potesse emettere quelle melodie così coinvolgenti.
Nonostante questo solido legame, durante gli anni di liceo, la mia chitarra rimase sotto al letto ad impolverarsi.
Non era un addio.
Mi aspettava lì in silenzio, senza fretta, nell’attesa che mi decidessi a riabbracciarla.
E così fu.
Un giorno all’improvviso i miei cominciarono ad urlare.
Un vortice di litigi familiari portò la mia famiglia a frantumarsi come un pregiato piatto di Capodimonte.
In quel trambusto, la mia chitarra era pronta a risorgere a nuova vita.
Iniziai un corso settimanale.
Mi esercitavo tutti i giorni a casa.
Questo mi faceva stare bene e mi distoglieva dalla situazione difficile che vivevo in famiglia.
La musica mi ha aiutato davvero tanto.
Quando ero in quella stanzetta con la chitarra in mano, avevo il pensiero rivolto esclusivamente alle note che dovevo suonare.
E questo mi rendeva felice.
Una barriera insonorizzata che soffocava i dispiaceri circostanti.
Ora per non dimenticare l’importanza della mia chitarra, l’ho tatuata qui sull’avambraccio”.

Giovanni – Suona Ancora

Francesca – Amigdala

“Ero stufa di chiedermi cosa si potesse provare a vincere.
Non me ne facevo niente delle briciole, volevo il massimo, ma purtroppo il massimo non è a disposizione.
Tra me e la vittoria c’è un precipizio coperto di piante ed arbusti che non mi consente di capire quanto è profondo il burrone.
Questa è la paura: la non conoscenza di quello che c’è sotto ai piedi.
Posso cadere di sotto o camminare senza problemi per attraversare le sterpaglie e gli arbusti che ricoprono quello che potrebbe essere un precipizio.
La cosa bella è che lo saprò solo una volta che ho fatto il primo passo.
Se mi faccio immobilizzare dalla paura resto aldiquà della vita, ferma, inerme e con l’eterno dubbio che dall’altro lato ci sia qualcosa di buono.
Il dubbio e la paura sono amici stretti, compagni di giochi.
E pensare che studio neuroscienze e conosco in dettaglio quella parte del cervello, l’amigdala, che gestisce le emozioni ed in particolar modo la paura. Puoi conoscere tutti i funzionamenti degli impulsi neurologici, ma quando hai paura non c’è nulla da fare.
La senti arrivare come una mano invisibile che ti accarezza pian piano dalla nuca. Non c’è soluzione.
O forse si: l’amigdalectomia, l’esportazione dell’amigdala.
In questo modo non si sente più paura, non si sente più alcuna emozione, non si sente più niente”.

Francesca – Amigdala

Giovanni – No Audio

“Nessuna bocca è abbastanza grande per pronunciare le cose importanti .Meglio esprimersi con gli altri sensi.
Meglio togliere l’audio. Sento. Non ascolto.
Elimino l’audio dal mondo che mi circonda per coglierne l’effettiva sostanza.
Lo guardo con i suoi colori senza filtri, senza quelle parole ingombranti che ne deviano la percezione. Come Kenny McCormik, uno dei quattro personaggi di South Park, non sento il bisogno di comunicare attraverso il suono delle parole.
Sono l’autore del progetto artistico “no audio” che nasce come idea concettuale dall’identificazione performativa del tatuaggio, su come registrare sulla pelle un simbolo appartenente alla simbologia comune e di uso commerciale.
Ho utilizzato questo simbolo, l’ho decontestualizzato dal proprio accesso e l’ho tatuato sul collo, posizionandolo sul lato destro per specificare visivamente che dall’orecchio destro (IN) si registrano e si percepiscono suoni del linguaggio parlato che vengono registrati dall’emisfero sinistro (OUT).
Un omaggio visivo al no- audio, al silenzioso modo che attraversa il mondo del suono e quello dei sordi in modo da evidenziare un minimo comune denominatore da portare sempre con sé. Sentirsi un’artista equilibrista situazionista basista mai in lista senz’audio. Io e la mia teoria.
La Loria Teoria.”

Giovanni – No Audio

Danilo – Effetto Domino

“Sono questo.
Una tessera spaesata nel gioco del domino.
Troppo lontani gli uni dagli altri ed ecco che il processo si arresta.
Pezzetti di una reazione a catena. Parte dello stesso domino.
Come nei grandi mutamenti nella vita quotidiana che producono una reazione sulle persone che ci circondano,
se la vicinanza diviene soffocante basta spostare le tessere od eliminarle.
Tolto il dente, tolto il dolore.
Ed ecco che le persone si allontano per sempre.
Quelle che non puoi mai allontanare sono le tue radici. Tua madre. Tuo padre. Le tue sorelle.
Come un bimbo che si scambia le figurine con il suo amichetto di banco, io ho scambiato un tattoo con mia sorella.
Ho un cupcake tatuato sull’avambraccio con una crema fumante azzurro cielo.
Lei in cambio si è tatuata la mia grande passione: la boxe.
Siamo pezzetti di domino che ci sosteniamo a vicenda.
Neanche la gravità ci butta giù, figuriamoci i momenti tristi della vita”.

Danilo – Effetto Domino